Luci e ombre , Photo taken by Fémininité
Sono giorni tranquilli (dal punto di vista della vita privata, perchè lavorativamente è tutto il contrario), la mia anima è finalmente quieta, da non ricordo più quanto tempo, e mi trovo a pensare a ciò che è vero, a ciò che è reale, a ciò che invece non lo è e a ciò che pensiamo lo sia ma non lo è.
Ripenso ad una vecchia lettura scolastica, “La repubblica” di Platone, che tanto all’epoca mi era piaciuta e la rileggo con occhi nuovi, più maturi, che tante ombre hanno visto e un pò di luce, di tanto in tanto, hanno scorto.
Ombre o oggetti reali?
Come identificare le une dalle altre?
E se esistesse paradossalmente solo l’ombra?
La mia felicità è ombra o realtà?
Comunque sia…quanto è bello comunque crociolarsi in essa, anche se ombra…
Pensa a uomini chiusi in una specie di caverna sotterranea, che abbia l’ingresso aperto alla luce per tutta la lunghezza dell’antro; essi vi stanno fin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo in avanti, non potendo ruotare il capo per via della catena. Dietro di loro, alta e lontana, brilla la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corre una strada in salita, lungo la quale immagina che sia stato costruito un muricciolo, come i paraventi sopra i quali i burattinai, celati al pubblico, mettono in scena i loro spettacoli».
«Li vedo», disse.
«Immagina allora degli uomini che portano lungo questo muricciolo oggetti d’ogni genere sporgenti dal margine, e statue e altre immagini in pietra e in legno delle più diverse fogge; alcuni portatori, com’è naturale, parlano, altri tacciono».
«Che strana visione», esclamò, «e che strani prigionieri!».
«Simili a noi», replicai: «innanzitutto credi che tali uomini abbiano visto di se stessi e dei compagni qualcos’altro che le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?»
«E come potrebbero», rispose, «se sono stati costretti per tutta la vita a tenere il capo immobile?»
«E per gli oggetti trasportati non è la stessa cosa?»
«Sicuro!».
«Se dunque potessero parlare tra loro, non pensi che prenderebbero per reali le cose che vedono?»
«E’ inevitabile».
«E se nel carcere ci fosse anche un’eco proveniente dalla parete opposta? Ogni volta che uno dei passanti si mettesse a parlare, non credi che essi attribuirebbero quelle parole all’ombra che passa?»
«Certo, per Zeus!».
«Allora», aggiunsi, «per questi uomini la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti».
«è del tutto inevitabile», disse.
«Considera dunque», ripresi, «come potrebbero liberarsi e guarire dalle catene e dall’ignoranza, se capitasse loro naturalmente un caso come questo: qualora un prigioniero venisse liberato e costretto d’un tratto ad alzarsi, volgere il collo, camminare e guardare verso la luce, e nel fare tutto ciò soffrisse e per l’abbaglio fosse incapace di scorgere quelle cose di cui prima vedeva le ombre, come credi che reagirebbe se uno gli dicesse che prima vedeva vane apparenze, mentre ora vede qualcosa di più vicino alla realtà e di più vero, perché il suo sguardo è rivolto a oggetti più reali, e inoltre, mostrandogli ciascuno degli oggetti che passano, lo costringesse con alcune domande a rispondere che cos’è? Non credi che si troverebbe in difficoltà e riterrebbe le cose viste prima più vere di quelle che gli vengono mostrate adesso?»
«E di molto!», esclamò.
«E se fosse costretto a guardare proprio verso la luce, non gli farebbero male gli occhi e non fuggirebbe, voltandosi indietro verso gli oggetti che può vedere e considerandoli realmente più chiari di quelli che gli vengono mostrati?»
«E’così », rispose.
«E se qualcuno», proseguii, «lo trascinasse a forza da lì su per la salita aspra e ripida e non lo lasciasse prima di averlo condotto alla luce del sole, proverebbe dolore e rabbia a essere trascinato, e una volta giunto alla luce, con gli occhi accecati dal bagliore, non potrebbe vedere neppure uno degli oggetti che ora chiamiamo veri?»
«No, non potrebbe, almeno tutto a un tratto», rispose.
«Se volesse vedere gli oggetti che stanno di sopra avrebbe bisogno di abituarvisi, credo. Innanzitutto discernerebbe con la massima facilità le ombre, poi le immagini degli uomini e degli altri oggetti riflesse nell’acqua, infine le cose reali; in seguito gli sarebbe più facile osservare di notte i corpi celesti e il cielo, alla luce delle stelle e della luna, che di giorno il sole e la luce solare».
«Certo! »
«Per ultimo, credo, potrebbe contemplare il sole, non la sua immagine riflessa nell’acqua o in una superficie non propria, ma così com’è nella sua realtà e nella sua sede».
«Per forza», disse.
«In seguito potrebbe dedurre che è il sole a regolare le stagioni e gli anni e a governare tutto quanto è nel mondo visibile, e he in qualche modo esso è causa di tutto ciò che i prigionieri vedevano».
«è chiaro», disse, «che dopo quelle esperienze arriverà a queste conclusioni».
«E allora? Credi che lui, ricordandosi della sua prima dimora, della sapienza di laggiù e dei vecchi compagni di prigionia, non si riterrebbe fortunato per il mutamento di condizione e non avrebbe compassione di loro?»
«Certamente».
«E se allora si scambiavano onori, elogi e premi, riservati a chi discernesse più acutamente gli oggetti che passavano e si ricordasse meglio quali di loro erano soliti venire per primi, quali per ultimi e quali assieme, e in base a ciò indovinasse con la più grande abilità quello che stava per arrivare, ti sembra che egli ne proverebbe desiderio e invidierebbe chi tra loro fosse onorato e potente, o si troverebbe nella condizione descritta da Omero e vorrebbe ardentemente “lavorare a salario per un altro, pur senza risorse” e patire qualsiasi sofferenza piuttosto che fissarsi in quelle congetture e vivere in quel modo?»
«Io penso», rispose, «che accetterebbe di patire ogni genere di sofferenze piuttosto che vivere in quel modo».
«E considera anche questo», aggiunsi: «se quell’uomo scendesse di nuovo a sedersi al suo posto, i suoi occhi non sarebbero pieni di oscurità, arrivando all’improvviso dal sole?»
«Certamente», rispose. «E se dovesse di nuovo valutare quelle ombre e gareggiare con i compagni rimasti sempre prigionieri prima che i suoi occhi, ancora deboli, si ristabiliscano, e gli occorresse non poco tempo per riacquistare l’abitudine, non farebbe ridere e non si direbbe di lui che torna dalla sua ascesa con gli occhi rovinati e che non vale neanche la pena di provare a salire? E non ucciderebbero chi tentasse di liberarli e di condurli su, se mai potessero averlo tra le mani e ucciderlo?»
«Certamente» rispose.
“Il mito della caverna” – Platone, estratto da “La Repubblica”
26 commenti
Comments feed for this article
giugno 18, 2008 a 11:21 am
IlViandante
A questo dilemma ci potrebbe essere una via d’uscita, che peraltro
conosci gia’ 😉
“Bambini, dopo avere sbucciato un mandarino, potete mangiarlo con consapevolezza
o distrattamente.
Cosa significa mangiare un mandarino con consapevolezza?
Mangiando un mandarino, sapete che lo state mangiando. Ne gustate pienamente la
fragranza e la dolcezza.
Sbucciando il mandarino, sapete che lo state sbucciando; staccandone uno
spicchio e portandolo alla bocca, sapete che lo state staccando e portando alla
bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, sapete che ne state
gustando la fragranza e la dolcezza.
bambini, cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza ?
Mangiando un mandarino, non sapete che lo state mangiando. Non ne gustate la
fragranza e la dolcezza.
Sbucciando il mandarino, non sapete che lo state sbucciando; staccandone uno
spicchio e portandolo alla bocca, non sapete che lo state staccando e portando
alla bocca; gustando la fragranza e la dolcezza del mandarino, non sapete che ne
state gustando la fragranza e la dolcezza.
Cos facendo, non potete apprezzare la natura splendida e preziosa del
mandarino.
Se non siete consapevoli di mangiarlo, il mandarino non reale.
Se il mandarino non’ reale, neppure chi lo mangia reale.
Ecco cosa significa mangiare un mandarino senza consapevolezza.”
tratto da:
“Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita”
di GIULIO CESARE GIACOBBE – editore: PONTE ALLE GRAZIE
giugno 18, 2008 a 11:26 am
emaki81
Lo ha scritto il Buddha, se non sbaglio….
Io l’ho letto in questo libro (che tra parentesi consiglio un pò a tutti di leggerlo, è un libro leggero che tratta argomenti di un certo spessore).
Il contatto con la realtà, la consapevolezza predicata dal Buddha è stata per tanto tempo la mia risposta a questa domanda.
Ma se la consapevolezza fosse delle ombre piuttosto che degli oggetti reali che le proiettano?
giugno 18, 2008 a 1:05 PM
IlViandante
La consapevolezza forse non e’ nelle ombre o negli oggetti,
ma nel capire che sono due mondi separati. Le ombre sono
il frutto di una nostra elaborazione mentale, Viziata dalle
nostre esperienze, dal nostro stato d’animo. Gli oggetti
sono reali, freddi, inanimati.
La consapevolezza per me e’ capire che la mia vita sara’
sempre piena di ombre e di oggetti, ma che la loro natura e’
diversa.
giugno 18, 2008 a 2:10 PM
lealidellafarfalla
Non tutti raggiungono il nirvana, ma questo non fermerà chi lo sta cercando.
un saluto
giugno 18, 2008 a 2:26 PM
emaki81
Il mio dubbio è sapere che esistono gli oggetti reali e le loro ombre, ma non sapere però distinguere…
Cioè, se io ho una mela e la sua ombra, ho il 50% di possibilità di indovinare che l’ombra è l’ombra e la mela è la mela, pur sapendo che esiste la mela e la sua ombra…
(adesso sembra che io mi chiedo ogni volta quale è la mela e quale è la sua ombra…non è così ovviamente….non fraintendetemi 😀 )
Io ora sto vivendo una felicità inaspettata: ho due possibilità, che questa sia “vera” felicità, o che questa sia solo la proiezione dentro al mio cervello della “vera” felicità….come successe con “chiricordatevoi”…
Io la percepisco come vera…ma mi chiedo: se non fosse vera, come farei a saperlo? Solo a posteriori? O mai? Oppure la verità è dentro di me e devo solo ascoltarmi?
giugno 18, 2008 a 2:52 PM
IlViandante
Io credo che sia vera, perche’ parte da un nuovo contatto con
il mondo che ti circonda. La tua felicita’ passa da una casa,
una cena con amici fatta di oggetti e di persone, da una serie
di bisogni reali, che ti allontanano dalle ombre. E non da “elucubrazioni”
sul passato su quel che sara’, tutti pensieri normali, ma che non
sono basati su nessun “oggetto”.
Puoi fare un test:
Se quando pensi alla mela, ti viene in mente un prato, il raccolgiere
una mela, la primavera, il sole. Sei in contatto con la realta’ e con
delle emozioni direttamente provenienti dalla mela.
Se invece una mela ti fa’ pensare ad frutto del peccato ad adamo
ed eva al peccato originale, … a franz … allora non sei piu’
in contatto con la realta’, oppure sei in assenza di realta’… 😛 😀
Mi dispiace, ma non riesco ad essere serio per lungo tempo e per
oggi ho finito la scorta 😀
Non dirmi che sono scemo, perche’ tanto lo so’ gia’
giugno 18, 2008 a 3:00 PM
emaki81
Non te lo dico….però sto ridendo…. 😀 😀
giugno 18, 2008 a 5:18 PM
IlViandante
Sono felice di averti regalato un sorriso 🙂
Pero’ non hai detto quale delle due opzioni
scegli 😛
giugno 18, 2008 a 5:29 PM
emaki81
Se penso ad una mela, penso alla sua forma, al suo colore ed al suo gusto…ma altro non mi viene in mente… 🙂
Sono abbastanza consapevole della mela e della sua ombra?
giugno 18, 2008 a 5:57 PM
IlViandante
Sei fantasticamente, stupendendamente, allegramente legata
alla realta’. Ora prendi in mano quella mella dagli un
morso, assoporane il gusto e gioisci per la ritrovata
felicita’
giugno 18, 2008 a 8:37 PM
Elle
Cara Emaki, un invito a nozze questo tuo post…
Un po’ perchè la foto che hai scelto (la scelsi al tempo anch’io per Fémininité) è una di quelle che io definisco “d’impatto”, una foto che comunica, una di quelle con quel “valore aggiunto” che amo ricercare.
E secondariamente perchè, neanche a farlo apposta, anch’io ho trattato nel mio ultimo post di luci ed ombre, seppur in contesti diversi (?).
Non mi lancerò in un commento a Platone perchè non credo che si possa aggiungere nient’altro al grande filosofo, però un’osservazione mi nasce spontanea nel momento in cui, dopo aver apprezzato ogni singola riga del tuo post, arrivo al tuo commento e leggo: “Io ora sto vivendo una felicità inaspettata: ho due possibilità, che questa sia “vera” felicità, o che questa sia solo la proiezione dentro al mio cervello della “vera” felicità…”
E mi viene da chiedermi, perchè questo dubbio cara Emaki, perchè non affondare le mani ed il cuore in questa tua nuova, ritrovata quanto inaspettata felicità, anzichè guardarsi indietro e confrontarla con le ombre (del passato)?
So che quando si è feriti da un’ombra poi il parallelo continua per diverso tempo dopo…lo so ed è inevitabile.
Tuttavia forse il miglior modo per scacciar via quelle ombre e non permettergli di offuscare con interrogativi subdoli la tua luce, è proprio quello di volgere lo sguardo solo alla luce.
L’ombra non è altro che l’altra faccia di una stessa medaglia, dove c’è ombra c’è anche luce e viceversa, non accanirti con i “se” e con i “ma”.
La tua felicità (luce) è adesso? Goditela.
Diventerà ombra? Non puoi saperlo, ora. E non è neanche giusto che tu te lo chieda, ora.
giugno 19, 2008 a 9:24 am
Loris
Leggendo “il mito della caverna” comprendo quanto io ci sia intrappolato in questo mito. In questo momento avverto come se dentro di me stesse entrando della luce, ma le catene sono ancora difficili da spezzare o semplicemente da togliere. Però ci provo.
giugno 19, 2008 a 2:34 PM
lealidellafarfalla
E’ sia un’ombra sia la mela. Non c’è profonda differenza se non quella che fai tu.
giugno 20, 2008 a 2:13 am
D.
E se fosse tutto ombra… o tutto luce? così come cambiando la luce cambiano le ombre, allo stesso modo cambiando il momento e lo stato d’animo cambiano le nostre percezioni, e una maschera che prima sembrava (era?) sorridente, ora diventa (sembra?) un ghigno.
E se non è possibile distinguere fra ombra e ombra e fra ombra e luce, allora l’unico modo per sapere la realtà sono i nostri sensi e le nostre percezioni?
Non credo esista una “realtà” assoluta… ma infinite realtà, diverse per ognuno e per ogni momento… tutto scorre e tutto cambia.
Godi della serenità e delle gioia che hai adesso… e serbane il ricordo per i momenti bui (come le famose 7 vacche grasse e le 7 vacche magre…), perchè è vera, come tu sei vera.
D.
giugno 20, 2008 a 9:56 am
emaki81
@Elle: come anima sensibile, quale sei tu, sei riuscita a toccarmi a fondo…è il cruccio della mia vita: sapere di avere qualcosa di bello ma dare più peso a ciò che non và rispetto a ciò che va, come il discorso che si faceva con DM tempo fa: il bicchiere mezzo pieno piuttosto che il bicchiere mezzo vuoto…
Ma quale è la ricetta per vedere il bicchiere mezzo pieno?
Forse la risposta è nella persona che amo….
@Loris: in che senso ti senti intrappolato nelle catene? Una situazione particolare o in generale?
Io non mi sento intrappolata, ma ho paura di esserlo senza rendermene conto.
@lealidellafarfalla: grazie di essere passato! 🙂
@D.:grazie delle belle parole… tutto è relativo, ne parlavo qualche giorno tempo fa, anche ho dovuto capirlo ed accettarlo….quando mi sono resa conto che io ero l’unica che si approcciava alla vita come se tutto fosse assoluto…. 🙂
giugno 20, 2008 a 10:57 am
arthur
Cara Piccola Ema, scusa se mi intrometto, la ricetta per vedere il bicchiere sempre mezzo pieno non esiste, se non in noi stessi, nella nostra capacità di riconoscere che oltre al male, esiste anche il bene, che oltre ai dolori, esistono anche le gioie.
Intendo dire che è importante guardare aldilà delle cose e vedere il proprio futuro, proiettato nel raggiungimento di una felicità che è da costruire, giorno per giorno, con le proprie mani, senza aspettare che qualcun altro ci imbocchi per farlo.
Se hai letto in passato i nostri interventi da Diemme, sapresti riconoscere queste mie parole, che in quel Carpe Diem, in quel “vivere il presente”, trovano una giusta risposta.
*** E’ solo in noi stessi la risposta. ***
giugno 20, 2008 a 11:10 am
emaki81
Ciao Artù…!
Prima di tutto….di cosa chiedi scusa?? 😀
Intromettersi è proprio la parola sbagliata…. 🙂
Per chi ha sempre vissuto e vive pensando solo ai propri sensi di colpa (come metodo educativo i miei mi hanno sempre insegnato che sono sempre colpevole di qualcosa e devo concentrarmi su quello), guardando dentro se stessa subito vede ciò che non ha fatto piuttosto che quello che ha fatto, quello che non ha piuttosto che quello che ha…
Quello che voglio fare è vedere dentro di me quello che ho, quello che faccio…sarà un cammino faticoso….
giugno 20, 2008 a 1:12 PM
arthur
Beh… il mio chiedere scusa era un po’ ironico, con il sorriso sulle labbra, visto che ci “conosciamo”, era come dire, toc, toc, permesso… e invece, sul cammino faticoso, niente da dire, è così in effetti e il lavoro che dobbiamo fare su di noi, ripeto, è molto importante e a volte non basta una vita.
E poi, bisogna saper distinguere tra i sensi di colpa e il senso della colpa, cioè, sentirsi colpevoli per qualcosa che si è fatto e non esserlo solo perché gli altri te lo impongono.
Non voglio che il mio commento sembri troppo paternalistico (oggi qualcuno mi ha etichettato in questo modo… ), ma le cose che ti sto dicendo, le ho sperimentate sulla mia pelle, a volte con dolore, ma ho avuto sempre la forza di vedere il bene prima del male, fa parte del mio DNA, dell’educazione che mi è stata inculcata e quindi il risollevarmi, anche se con fatica, c’è sempre stato.
Sei giovane, adesso, mi sembra di capire, vivi una nuova stagione d’amore, hai preso casa, stai affrontando un lavoro che immagino ti da, o perlomeno, ti darà delle soddisfazioni e allora, abbandona per un attimo le tristezze, respira a pieni polmoni quest’aria nuova che ti ha investito e al resto, pensaci, ma con tenera nostalgia, fa parte di un passato che è da vedere con gli occhi di chi sta crescendo e che non è detto che si presenterà nuovamente; se ne prendi coscienza, se lo metabolizzi dentro di te, potrebbe essere l’inizio di una nuova era.
giugno 20, 2008 a 2:40 PM
IlViandante
Io non credo che analizzando ogni azione
della propria vita, cercando di capire se quello
che ci circonda e’ reale oppure no, e di conseguenza
se stiamo compiendo l’azione giusta, sia la strada
giusta per ottenere una serenita’ interiore.
E invitabile che ogni oggetto, ogni emozione, vengano visti
differentemente in base al nostro stato d’animo e le nostre
azioni saranno frutto di quello che percepiamo.
Non esiste una unica verita’, passiamo dall’ombra alla
luce continuamente.
Di conseguenza una via d’uscita puo’ essere quellal di
giudicare le nostre azioni passate non in base al nuovo
pensiero, ma bensi’ con la mente che avevamo quando
abbiamo preso quella decisione.
E se e’ stato un errore nopn commeterlo due volete 😉
giugno 20, 2008 a 3:05 PM
IlViandante
tratto da:
http://www.polemos.it/recensioni/scalvi.html
“Premessa necessaria per imparare a uscire dalle cornici di cui si è parte è di imitare il “giudice saggio” che, dopo aver ascoltato il primo dei contendenti gli da ragione; la stessa cosa fa dopo con il secondo. A questo punto tra il pubblico c’è uno che si alza e dice che non è possibile che abbiano ragione entrambi e il giudice dà ragione anche a lui. La premessa: “tutti hanno ragione” è necessaria per uscire dalle false dicotomie del tipo: torto/ragione; giusto/sbagliato che danno vita a escalation simmetriche o, viceversa, all’accettazione autocolpevolizzante della ragione dell’altro.”
Marianella Sclavi, Arte di Ascoltare e mondi possibili
Bruno Mondadori editore, Milano, 2003
giugno 20, 2008 a 6:54 PM
donnaemadre
Non tutti hanno ragione. Tutti hanno le loro ragioni, che un “giudice saggio” deve ascoltare prima di giudicare.
Sicuramente bisogna mettersi nei panni dell’altro prima di giudicare, sicuramente bisogna vedere le cose dal suo punto di vista, ma tutto ciò premesso, e tutto ciò fatto, non è detto che la persona abbia ragione.
Cioè, uno può aver rubato un portafogli perché aveva fame e la persona a cui ha rubato aveva l’aria danarosa: l’azione, di per sé continua a essere ingiusta.
Bisogna imparare a uscire dalla dicotomia vincitore/perdente, questo sì, assumere un comportamento assertivo, per carità, ma da qui a dire che non esistano il torto o la ragione, mi pare che ce ne corra.
giugno 20, 2008 a 7:00 PM
Peter
…io soffro della sindrome di peter pan, e la mia ombra tende a scappare chi me la cuce addosso?
Questo vuol dire che sono reale o sono solo fantasia…?
…seconda stella a destra poi dritti fino al mattino!
giugno 20, 2008 a 8:26 PM
IlViandante
Quella del “giudice saggio” è un portare all’estremo un concetto. Il ibro in realtà non parla del giusto e dello sbagliato, ma parla della capacità di ascoltare. Scusami ma no avendo il tempo di ricopiare dal testo, ho cercato su internet la prima citazione più vicina al libro.
Ho voluto riportare questa citazione non tanto per discutere del bene o del male, ma in realtà come definizione carina, certo un pò estrema, di come ogni situazione abbia più punti di vista e come sia difficile dare un giudizio, specialmente quando noi siamo sia i contendenti, sia il giudice. Quando giudichiamo la nostra vita dovremmo fare come il “giudice saggio” dove non ci condanniamo o ci assolviamo, ma cerchiamo le ragioni che ci hanno spinto in una e l’altra direzione, cercando di ascoltarci.
Per concludere, sono perfettamente d’accordo con te, il torto e la ragione esistono e spesso sono molto chiari, basti pensare alla violenza fisica, non c’è nessun motivo per rivolgersi a lei, e Gandhi ci ha insegnato molto a proposito, e lui poteva usare mille ragioni per essere violento.
giugno 24, 2008 a 9:46 am
engelsblick
Ovviamente, di fronte al mito della caverna di Platone, la mia anima da filosofa non può che sussultare di piacere – è un classico del pensiero, che nella storia della filosofia ritorna in continuazione… denso di significati e interpretazioni sempre nuove…
Personalmente, smessi i panni dell’intellettuale, e ascolatando la sensibilità soltanto umana, beh, ciò che mi attira nel brano non sono tanto gli oggetti, non sono tanto le ombre. Ma il sole, la luce. Che c’è, sempre, all’origine di tutto – ombre e cose.
giugno 25, 2008 a 9:31 am
emaki81
Essere “giudice saggio” della mia vita…è un concetto che ho difficoltà a fare mio….
Sono sempre stata terribilmente esigente nei miei confronti, “talebana” a dir poco..ogni cosa potevo farla meglio e non bastava mai comunque….
Raramente mi sono perdonata, se non quando ero consapevole che fare di più sarebbe stato proprio impossibile….
Che sia la volta buona che mi dia la chance di imparare ad essere “giudice saggio” della mia vita? 🙂
@englsblick: senza la luce non ci sarebbero nè luci nè ombre…la luce porta con sè i due risvolti della medaglia: è luce ma ha dentro di sè il concetto di ombra…
giugno 25, 2008 a 9:35 am
emaki81
@peter: ciao! Benvenuto nel blog! L’ombra di Peter Pan è sempre stata per me spunto di riflessione…corpo e anima? L’anima che, libera dal corpo, fa cose diverse da quando è nel suo corpo? Tu cosa intendi che la tua ombra tende a scappare?